“Ci ho messo sempre tutto il mio impegno”, intervista a Igor Protti

La storia del torneo “Memorial Flavio Protti” inizia nel 2002 per omaggiare uno dei fondatori del Sant’Ermete Calcio (correva l’anno 1970). E per parlare di Flavio non potevamo non rivolgerci a Igor Protti, figlio di Flavio nonché ex attaccante – tra le altre – di Bari, Lazio, Napoli e Livorno tra gli anni ’90-2000.

“Flavio era un ex ciclista dilettante con una straordinaria passione per il calcio, che mi ha trasmesso da piccolo – racconta Igor – capitava che mi accompagnasse agli allenamenti in motorino mentre io lo seguivo in bici e già nei primi anni mi ha inculcato lo spirito di sacrificio. A 11 anni guardavo i mondiali del 1978 e mi ero innamorato del Tango, il pallone di quella edizione e l’avevo chiesto a mio padre. Mi ha risposto che per averlo sarei dovuto andare a lavorare con lui una settimana (faceva il muratore, ndr). Dopo 5 giorni mi ha detto “vieni con me che lo andiamo a comprare” ma a quel punto gli ho detto che non lo volevo più perché avevo imparato la lezione: nessuno ti regala niente, dietro le cose c’è un lavoro. E questo mi ha accompagnato per tutta la carriera”.

Nella sua carriera Protti ha segnato più di 200 gol (231 secondo Wikipedia) e assieme a Dario Hubner è l’unico in Europa ad aver vinto la classifica cannonieri di Serie A, B e C. Rivedere oggi le sue reti sembrano l’emanazione della sua forza di volontà, frutto di una tensione tipica di chi tifa la sua squadra e farebbe qualsiasi cosa serva pur di spingere la palla in porta. Il primo gol in serie A è abbastanza incredibile, una sorta di “auto passaggio” (“era un Bari-Genoa, avevo cercato uno scambio con Tovalieri ma non si è chiuso e allora ho fatto una corsa verso la palla e in scivolata ho anticipato un difensore”) che forse già racconta del suo furore agonistico e della sua voracità negli ultimi metri. “Mio padre è stato un tifoso del Milan ma soprattutto del Rimini. Anche io da piccolo tifavo per il Rimini, poi una volta che sono diventato professionista diciamo che ho messo da parte la fede sportiva. Però non mi sono mai dimenticato che chi ti guarda vuole che chi è in campo dia tutto. A volte ho giocato bene e altre male, però ci ho sempre messo tutto il mio impegno. Sono partito come centrocampista, poi negli Allievi sono stato spostato in attacco. Non avevo un talento innato, però dalla mia avevo il lavoro quotidiano”.

Ed era come se l’attaccante romagnolo avesse cercato di ampliare il suo repertorio realizzativo proprio per essere sempre pronto a tutto. Ad esempio Protti, nonostante una statura modesta, ha segnato diversi gol di testa. “Sono un metro e 72, c’erano diversi difensori che erano alti anche 20 centimetri in più di me. Però se mi permettevano di fare i tre passi di rincorsa o non mi trattenevano, saltavo più in alto di loro. Ed è per quello che ho segnato tanto di testa, anche se alla fine conta anche la predisposizione muscolare, oltre all’elevazione, lo scatto e l’esplosività. Per dire, quando facevamo gli scatti a coppie partendo da terra, nessun compagno di squadra mi stava davanti nei primi metri”.

In un’intervista del 2005 al programma di Rai 3 “Sfide”, aveva definito i suoi 121 gol (dopo quel giorno ne segnerà altri 4, prima di ritirarsi a fine stagione) con la maglia del Livorno “121 momenti di gioia dati a migliaia di persone”. “Non voglio essere demagogico, ma non io non mai sceso in campo con l’obiettivo di apparire, ma soddisfare chi veniva a vederci. I tifosi mi hanno dedicato dei cori e questo mi responsabilizzava. Il gol per me era una gioia  da condividere coi tifosi, pur nel rispetto degli avversari e dei campanilismi. Perché sai bene la sofferenza per un rigore sbagliato o una retrocessione”.

Protti è diventato una bandiera del Livorno, di cui cui è stato pure dirigente, e oggi vive in Toscana. Ma non dimentica le sue origini. “Vivo a Cecina, a 35 chilometri da Livorno, però a Rimini torno spesso. Sono nato a San Giuliano, ma ho vissuto il primo anno a Sant’Ermete con la zia di mio babbo: quando mio padre andava al “Bar Casale” a fare la partita a carte mi portava con lui. Rimini è la città della mia infanzia e della mia adolescenza, ricordo la prima volta che mio padre mi ha accompagnato allo stadio “Romeo Neri” di Rimini e ricordo la gioia per l’esordio con quella maglia nel 1983, a 16 anni. Tornare in Romagna per me è sempre una festa”.

Infine un augurio ai ragazzi delle 32 squadre che scenderanno in campo in questa 21a edizione del Protti. “Dico loro di divertirsi e vivere questa esperienza con gioia e serenità. Alcuni di loro faranno i calciatori di lavoro, tanti altri no ma spero che un domani ripensino ugualmente a questo torneo come a un bel ricordo. Spero soprattutto che i genitori lascino i figli liberi di divertirsi, senza caricarli di aspettative e responsabilità. E che si affidino agli allenatori”.

In foto, Igor Protti premia la Vis Pesaro alle finali del 2023.